San Vincenzo - sanvincenzoferreri

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Vincenzo Ferreri Nacque il 23 gennaio 1350, a Valenza, in Spagna, da don Guglielmo Ferreri e da donna Costanza Miguel. Fu chiamato Vincenzo in onore di San Vincenzo Martire.
Manifestò subito un forte interesse per la preghiera, infatti compì rapidamente gli studi. A diciotto anni decise di abbracciare la vita religiosa e scelse l'ordine dei Domenicani, detti frati predicatori, per predicare al meglio la parola di Dio in ogni angolo della terra. Entrò a far parte dell'ordine il 6 febbraio 1368 e indossò l'abito che lo ritrae nelle immagini più conosciute: tonaca e scapolare bianchi, cappa e cappuccio neri. Proseguì gli studi presso la casa di formazione del suo ordine a Barcellona, e poi a Lerida e a Tolosa, e dal 1385 insegnò teologia a Valencia. Due mesi dopo il suo ritorno definitivo da Avignone a Roma, papa Gregorio XI muore nel marzo 1378 ed eleggono il napoletano Bartolomeo Prignano (Urbano VI). Ma porta a un contro conclave, nel quale gli stessi cardinali fanno un altro Papa: Roberto di Ginevra (Clemente VII) che tornerà ad Avignone. Così comincia lo scisma d’Occidente, che durerà 39 anni. La Chiesa è spaccata, i regni d’Europa stanno chi con Urbano e chi con Clemente. L’aragonese Vincenzo Ferrer sta con quello di Avignone, al quale ha aderito il suo re.
Vincenzo è un dotto frate domenicano, insegnante di teologia e filosofia a Lérida e a Valencia, autore poi di un trattato di vita spirituale ammiratissimo nel suo Ordine. Nel 1394, Benedetto XIII, vero Papa per gli uni, antipapa per gli altri, prende anche come confessore Vincenzo Ferreri, che diventa uno dei più autorevoli personaggi del mondo avignonese. Nel 1395, dopo la visione in sogno di Gesù Cristo accompagnato dagli Angeli improntò la sua predicazione sul destino umano: cioè la morte, il giudizio individuale e quello universale.
Nel settembre del 1398, durante l’assedio di Carlo VI di Francia (che non aveva riconosciuto l’elezione di Benedetto XIII) ad Avignone, Vincenzo Ferreri cadde malato: secondo una leggenda appartenente alla tradizione devozionale, sarebbe stato guarito miracolosamente da Gesù e dai santi Francesco e Domenico, che lo inviarono nel mondo a predicare, invitando i peccatori a convertirsi in attesa dell’imminente giudizio universale. Si impegnò per cercare una mediazione tra Gregorio XII e Benedetto XIII, e poi di convincere Benedetto a rinunciare alla tiara e, di fronte al suo rifiuto, cercando di sottrargli l’obbedienza della Spagna. L'occasione gli si presentò nel 1412 quando, morto senza eredi Martino I di Aragona, fu tra i giudici incaricati di stabilire la successione al trono (compromesso di Caspe): il trono venne assegnato al candidato sostenuto da Vincenzo, Ferdinando I di Aragona (il "Giusto"), che nel Concilio di Costanza si batté per la fine dello scisma.
Trascorse la sua vita passando di terra in terra, predicando nelle piazze, nelle Chiese e nei campi davanti a plebei, semplici, nobili e scienziati e ricorrendo a miracoli per convertire i peccatori, salvare dai pericoli, risuscitare i morti, comandare la natura e guarire gli ammalati. Fu uno dei restauratori dell’unità, ma non solo dai vertici. Anzi, Spagna, Savoia, Delfinato, Bretagna, Piemonte lo ricorderanno a lungo come vigoroso predicatore in chiese e piazze. Mentre le gerarchie si combattevano, lui manteneva l’unità tra i fedeli.
Vent’anni di predicazione, milioni di ascoltatori raggiunti dalla sua parola viva, che mescolava il sermone alla battuta, l’invettiva contro la rapacità laica ed ecclesiastica e l’aneddoto divertente, la descrizione di usanze singolari conosciute nel suo viaggiare. E non mancavano, nelle prediche sul Giudizio Universale, i tremendi annunci di castighi, con momenti di fortissima tensione emotiva, ottenendo, grazie alla sua abilità oratoria, numerose conversioni (soprattutto di musulmani ed ebrei). Andò camminando e predicando così per una ventina d’anni, e la morte non poteva che coglierlo in viaggio. Morì, infatti, all'età di settanta anni, il 5 aprile 1419, a Vannes, in Bretagna (Francia), nella cui Cattedrale sono conservate alcune reliquie. Altre reliquie furono portate a Valenza, città in cui era nato. Papa Callisto III, suo compatriota, celebrò la cerimonia della sua santificazione il 3 giugno 1455, nella chiesa domenicana di Roma di Santa Maria. Il suo culto fu confermato da papa Pio II che, nel 1458, fissò per la sua festa la data del 5 aprile, mentre l'Ordine Domenicano lo ricorda il 5 maggio.

Vicent Ferrer era valenciano, con origini legate alla grande nobiltà catalana e vicino alla casata Aragonese. I Ferrer avevano, infatti ricoperto numerosi incarichi presso la corte di Barcellona. Giovanissimo entra nell’ordine domenicano, che nel XIV secolo costituisce insieme ai Francescani, la summa teorica della teologia cristiana e l’ossatura dell’inquisizione medievale. Si sposta nei massimi centri culturali, come Tolosa fino a legarsi al legato pontificio aragonese, cardinal Pero De Luna. Tra gli anni 70′ e 90′ del 300′ Vincent prese parte allo scisma d’Occidente avvenuto tra Roma e Avignone, secondo lo schieramento della casata aragonese, favorevole a papa della dantesca cattività avignonese, Clemente VII. Nel 1394, alla morte di quest’ultimo ed l’ascesa del De Luna, intraprese un climax che lo renderà protagonista della vita politica e sociale oltre che spirituale del Basso Medioevo. Infatti, Vincent riuscì, dopo esser guarito da una grave malattia, resa vicenda meramente agiografica divenne uno dei massimi predicatori dell’Occidente mediterraneo cristiano. Il ruolo del Ferrer nelle vicende aragonesi tra la penisola iberica ed i domini nel Mezzogiorno italiano fu determinante in numerose vicende, come per il Compromesso di Caspe del 1413, il quale riuscì ad attribuire in modo non semplice l’elezione a re dei domini aragonesi alla morte di Martino I, il suo candidato Ferdinando I. Nel 1415 partecipò ad eventi importantissimi per le sorti della riunio della Cristianità Occidentale, con la capitolazione di Narbona. Numerose sono le vicende agiografiche presenti nella biografia del santo, soprattutto per spiegarne le incredibili doti oratorie, nonostante parlasse alle folle solo in valenciano. Secondo i linguisti romanzi, nel medioevo le lingue neolatine erano meno differenti sul piano diatopico. Canonizzato da Callisto III nel 1455, a 600 anni della sua scomparsa il suo nome è emblema di una spiritualità legata al popolo, anche partenopeo dove è considerato come un santo napoletano, a causa proprio del perenne viaggiare svolto durante la sua vita.Particolare è anche la sua iconografia. Rappresento in vesti domenicane, con la fiamma dello Spirito Santo che scende sul capo e l’indice destro rivolto verso l’alto, per sottolineare il richiamo al suo ruolo di predicatore, al suo soprannome, el Angel, all’ Apocalisse di Giovanni, evidenziata spesso dall'accompagnamento di trombe.


Come San Vincenzo Predicatore Infaticabile Conoscere, Accogliere e Vivere la Parola Carissimi, ancora una volta l’amore di Dio ci stupisce con la ricchezza dei suoi doni che ci offre per comprendere quanto ci vuole bene. Come comunità ci apprestiamo ad iniziare il cammino che ci vedrà impegnati a fare memoria del sesto centenario del ritorno al Signore del nostro Santo Patrono San Vincenzo Ferreri. Infatti, con la celebrazione Eucaristica di venerdì 05 aprile presieduta dal nostro Vescovo si aprirà questo tempo di grazia e di riscoperta della fede alla luce della Parola. Nel pensare a questo itinerario, vogliamo partire da una consapevolezza che si chiama grazia di Dio donata ad ognuno di noi in maniera gratuita e che ha bisogno di essere riscoperta e rivisitata alla luce della Parola di cui il nostro San Vincenzo è stato predicatore infaticabile. La Provvidenza che nel corso della nostra storia ci ha parlato anche attraverso San Vincenzo, ritengo che oggi ci parli pure con le parole del nostro Vescovo. In tal senso, mi permetto di fare una comparazione tra il miracolo del frumento che in un momento di carestia ha dato il sostentamento al popolo Castanese provvedendo con la farina prodotta al pane tanto desiderato, e l’invito del Vescovo che nella lettera pastorale “Come lievito nella pasta” ci esorta a sfamarci del “pane” della Parola di Dio. Scrive Il Vescovo: «la frequentazione della Parola educa al discernimento della vita personale e degli eventi della storia con uno sguardo sapienziale frutto dell’ascolto di Dio che parla al cuore dell’uomo». Ci auguriamo che questo tempo di grazia, accompagnati da San Vincenzo, rappresenti quel risveglio spirituale che i nostri padri hanno sperimentato con la predicazione di Fra Giovanni da Pistoia, e di cui oggi la nostra comunità ha bisogno per conoscere, accogliere e vivere la Parola e trasformarla in vita. I sentimenti sopra descritti possano prepararci a vivere la Santa Pasqua, nella maniera più bella possibile, in modo da riconoscere il dono di Dio manifestato attraverso il sacrificio di Gesù morto e risorto, pienezza e motivo della nostra Fede.
Auguri di buona Pasqua a tutti!
Con affetto Padre Nino
Timete Deum et date ille honorem quia venit hora jiudici eius

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